Noi sottolineiamo sempre questo aspetto: lo stile di vita. E questo quanto più gli stimoli esterni, quelli che è difficile modificare (il lavoro ad esempio) sono “impegnativi”.
Allora “dentro di noi” è necessario “ricentrarci”. Perche una fotografia riesca sono necessarie due cose: un bel soggetto (ma talvolta ho visto delle splendide fotografie con oggetti dentro la foto di per se banali) ed un bravo fotografo. Questo paragone mi sembra particolarmente calzante. Puoi immaginare la vita un insieme di istanti, un insieme di qui ed ora. Quindi un insieme di fotografie. E per molti aspetti, o forse meglio per alcuni aspetti, la vita può essere comparata ad un insieme di foto fra loro concatenate. Un po’ come in un film. Ma poi osserviamo la singola fotografia. Questa dipende da un lato da ciò che viene fotografato e dall’ altro dal fotografo, dalla posizione che assume nel “ritrarre” l’ oggetto. E’ il risultato può essere una brutta fotografia oppure – al contrario – una molto “riuscita.
Da cosa dipende? Beh, è evidente che dipende da noi, “dal fotografo”, da come si è posizionato, da come ha inquadrato l’oggetto da fotografare. Tutti noi fotografiamo la “realtà” e pensiamo che questa (la realtà) sia immutabile. Poi vi è un fotografo vicino a noi e ci fa vedere le sue foto. E allora le vediamo completamente diverse dalle nostre più belle (o più brutte) eppure eravamo nello stesso luogo e nello stesso tempo. Allora – quando la smettiamo di dare “responsabilità” delle nostre foto al oggetto inquadrato – allora , dicevo, comincia nella nostra mente ad insinuarsi l’idea che la foto dipende molto più dal fotografo che dal soggetto inquadrato. Potremmo quasi dire che è il fotografo che deve fotografarsi. Perché deve (o dovrebbe capire) come si posiziona, come “inquadra” l’ oggetto. E allora si va a scuola di fotografia, si impara a “vedere meglio” o a vedere diverso. A vedere con occhi diversi.
Forse anche noi dovremmo fare questo. Solo che non esiste una scuola (o forse si) che insegna a vedere meglio, a vedere diverso. Lo dobbiamo fare noi. Dobbiamo cambiare la “luce” e l’ “obiettivo”. E poi quando fotografiamo lo facciamo “ora”, lo facciamo con un soggetto “presente”. E quando cerchiamo di fare la stessa fotografia ci rendiamo conto che comunque – anche se sono passati pochi secondi – è cambiato qualcosa (la luce, il vento, l’ obiettivo che usiamo). Tutto cambia pur rimanendo gli stessi (o quasi) oggetti.
Come diceva un mio amico “come l’acqua di un fiume sempre uguale e mai la stessa)
Insomma tutto questo lungo discorso per dire che molto dipende da noi da come riusciamo a vivere l’ istante, il momento, il qui ed ora. Da come riusciamo a non avere nostalgia del momento che è appena trascorso (o trascorso da molto). E poi – ed infine da come ci posizioniamo nell’ osservarlo.
Gli stessi fotografi, lo stesso ambiente ed un risultato (la foto o l’ umore) così diversi.
LE PRIGIONI
Ad un amico che abusava un po’ di alcolici (e vino in particolare) avevo scritto:
“Come abbiamo detto ripetutamente (lo “stile di vita”) è il punto fondamentale.
Devi decidere come vuoi vivere.
Devi decidere se rimanere in quel “luogo chiuso” dove ti sei rinchiuso (anche grazie all’abuso di alcolici) oppure cambiare.
Bada bene che pur non essendo io (ovviamente…) la bocca della verità e pur ritenendo che ciascuno deve decidere che fare della sua vita (in piena autonomia, purché consapevole…) penso realmente che tu ti sia rinchiuso.
Come dirai tu… io che posso girare il mondo, andare dove voglio… io un rinchiuso?
Allora cerco di spiegarmi meglio.
La “chiusura” è lo spazio mentale (e per questo vitale) che viviamo.
E se lo spazio mentale è chiuso possiamo andare in qualsiasi posto del mondo e rimarremo sempre dei rinchiusi, sempre ci porteremo con noi quell’esiguo spazio “mentale” che ci circonda.
E questo specialmente quando siamo “costretti” ad utilizzare alcolici per aprirlo (e per chiuderlo ancor più).
Ovviamente non ti parlerò del “pericolo” che si incorre abusando di alcolici (già lo sai…) e questo anche perchè spesso a questi individui (come nel caso di coloro che si abbuffano) dovremmo chiedere qual’è l’alternativa…
Vorrei, invece, richiamare la tua attenzione, nuovamente sull’importanza di un NUOVO STILE DI VITA, che “apra gli spazi”, che ci permetta di percepire “il battito emotivo della vita”.
In pratica si tratta di “andare a cavallo”, andare ogni tanto a trovare i 4 amici, a cercare “nuove e vere” occasioni per essere, andare ogni tanto da un professionista (piccolo o grande che sia..) per cercare di confrontarci, di tenere presente il “presente” e tante altre cose che potrai inserire in quel programma che stai elaborando”.
Ritornando a te Amico mio mi potresti dire “ma cosa centro io con gli “alcolisti”?
Ovviamente nulla Ma non è per questo che ti ho riportato questo “brano”.
L’ho fatto per una “pausa di riflessione”, per sottolineare che noi tutti, spesso, viviamo reclusi… tutti abbiamo costruito le nostre “prigioni”…
E questo è anche normale; sono i nostri impegni, il nostro ruolo di mariti o mogli, di lavoratori che abbiamo assunto.
Ma ancora di più è l’ immagine di noi stessi; è quel continuo – spesso inconsapevole confronto – fra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere… talvolta la nostra “prigione” è rappresentata dalla nostra “personalità” (in senso Junghiano), da quell’immagine (maschera) di noi che diamo agli altri per cui noi siamo quello e “niente più” (salvo poi accorgerci che non è così…).
Spesso, poi e anche, le nostre prigioni sono legate al “Piacere del fare”, a quelle emozioni che ricerchiamo….
E quindi ciascuno di noi ha le sue prigioni…
Ma come abbiamo detto le “sbarre” le abbiamo inventate noi, siamo noi che abbiamo inventato “i modelli di riferimento”…
In fondo “basta” cambiare questi per cambiare tutto…
Peso ed il suo controllo
Esistono all’interno del nostro “cervello viscerale (ipotalamo – vedi dopo) centri della fame e della sazietà e centri che in qualche modo controllano il peso. Io credo – sulla base di un’ampia esperienza – anche se i centri non sono stati completamente identificati – i ponderostati (centro di controllo del peso) necessitino di almeno 2-3 anni di peso costante o quasi costante per “tararsi”. Se in questo periodo un individuo oscilla tenderà ad acquisire l’ultimo peso. Questo significa che anche se ti fa un po strano che ora sei “sottopeso” (per il tuo cervello viscerale).
Quindi?
Quindi è particolarmente importante che tu non faccia come il solito “una grande corsa per pochi periodi e poi più nulla”.
L’alimentazione e lo stile di vita
L ‘alimentazione (e secondariamente il peso) rappresenta la “via finale comune” in cui si scaricano le “tensioni”, siano esse noia stress o altro. Comunque sia non è possibile modificare l’alimentazione senza modificare quel “qualcos’altro” che chiamiamo “stile di vita”.
Bisogna pensare di modificare (un po’) il tutto.
Mi spiego meglio.
Se si modifica semplicemente l’alimentazione (in senso restrittivo) è evidente che la restrizione potrà essere utilizzata per un tempo limitato e già oggi è noto che “fra due mesi” potremmo ricominciare ad essere “liberi di mangiare”.
E questo modo di pensare (o essere?) ha in sè tutti i germi (e forse qualcosa in più) di quegli errori che cerchiamo con forza di combattere.
E allora, come dicevo, bisogna modificare in modo “globale” il nostro “stile di vita”.
Che sia chiaro: non si tratta di grandi modifiche, ma più (molto più) semplicemente si tratta di cercare di “fare qualcosa per noi”, di cercare di “accettare maggiormente la nostra immagine”, di capire che ” ora va bene così”.
Che sia chiaro “ora va bene così” non è e non vuole essere un’accettazione passiva della nostra realtà, anzi. E’ l’esatto contrario.
“Ora va bene così” vale per ogni istante, ma nell’ambito di un programma che ci veda maggiormente protagonisti della nostra vita. Ti faccio un esempio: “io mangio in questo modo” perchè io l’ho deciso, perchè io voglio, e non sarà per due mesi (o tre) ma per sempre perchè così mi va bene.
Potremmo dire che io mangio così “oggi e tutti i giorni che sono oggi”.
E allora noterai che indipendentemente dal peso ” la nostra immagine si sgonfia”.
E chiaro, poi, che dobbiamo trovare altre (cioè diverse dal cibo) “oasi di pace”.
Per qualcuno questi spazi si chiamano passeggiate, per altri palestre, per altri nuoto, per altri la danza, per altri lo Yoga. E potremmo fare numerosi esempi.
E’ importante, però, “che non ci castriamo castrandoci”. Mi spiego (in fondo è il discorso di prima).
Punto fondamentale: decisione di dimagrire.Quindi pagare la pena. Quindi andare in palestra a soffrire.
Ma quando la smetteremo di pagare le pene?
Certo fra 10 giorni sarai ancora determinato nello schema alimentare; si tenga comunque presente che perchè le variazioni di peso siano reali (nel senso di durature) sono necessari “mantenimenti” per 2- 3 anni (ripeto: per due – tre anni).
Su questo aspetto voglio richiamare la Tua attenzione: cosa significa mantenere la perdità di peso per 2-3 anni? [cosa che ormai viene sottolineata da tutti gli studiosi della materia?]
Significa che ormai tutti siamo concordi su un punto: la dieta non serve (almeno nell’ ambito della fisiologia).
Quello che è importante è cercare di modificare lo “stile di vita alimentare”.
E questo perchè?
Perchè se si vuole modificare in modo duraturo lo “stile di vita alimentare” questo deve avere 2 caratteristiche:
** essere gradevole
** essere una scelta personale.
Vedi tu, è la tua vita..
Per tanto tempo “abbiamo ingannato consapevolmente”. Sappiamo da molto tempo – anche noi in Occidente – che l’alimentazione (e ancor più il peso…) è un risultato finale che coinvolge tutto L’ organismo. Non vi è (quasi) un ormone, una funzione cerebrale che in qualche modo non sia coinvolto (in modo quantitativamente variabile…) nel determinismo alimentare e nel peso. Pensa che i centri più importanti di controllo del peso e della fame sono posti in zone del nostro cervello che hanno a che fare con il nostro “stato emozionale”. Se ti intressa sapere “scientificamente dove sono” ti rispondo le zone ipotalamiche (limbico ipotalamiche). Comunque sia al di là dei nomi importante è sottolineare (con la medicina cinese – vecchia di millenni – o con quella occidentale) che siamo una unità, che non è possibile modificare un aspetto del tutto (il peso ad esempio) senza occuparci anche del tutto.
Il risultato di questa nostro “inganno consapevole” è stato che la percentuale di fallimento ha superato il 95 %.